Allarmanti rilevamenti dell'Agenzia spaziale europea: lo strato che
ci protegge dai raggi ultravioletti mai così sottile dal 1997.
L'Organizzazione mondiale meteorologica denuncia il persistere
nell'atmosfera delle sostanze chimiche nocive.

Guai ad abbassare la guardia nella lotta contro il buco nell'ozono. Gli
ultimi rilevamenti satellitari indicano a marzo "una diminuzione record
dei livelli di ozono sul settore euro-atlantico dell'emisfero nord" del
Pianeta. Detto in altri termini, si è avuta quella che ,
definisce una "perdita record di ozono sull'Artico" con livelli scesi
ai minimi dal 1997. Come è noto questo gas costituisce uno strato in
grado di proteggere gli organismi viventi dalle radiazioni ultraviolette
nocive del sole ma l'utilizzo di una serie di sostanze chimiche, e in
particolare i clorofluorocarburi, negli anni passati ne ha assottigliato
fortemente la consistenza. Grazie alla messa al bando di queste
sostanze decisa con il Protocollo di Montreal del 1987, il buco nel
corso degli anni si è andato gradualmente riducendo, fino all'imprevista
frenata delle scorse settimane.
Le interpretazioni sui
motivi della controtendenza sono però almeno in parte divergenti.
Secondo l'Esa la colpa è di "insoliti forti venti, conosciuti come
'vortici polari'". Sarebbero questi vortici ad aver determinato la
perdita record di ozono. Praticamente, spiega l'Esa, al Polo Nord "si
sono create condizioni simili a quelle che si determinano ogni inverno
al Polo Sud". Le temperature della stratosfera nel circolo polare artico
cambiano di inverno in inverno, ma "l'anno scorso temperature e
quantità di ozono
sopra l'Artico sono state piuttosto elevate", come non accadeva dal 1997.
Adesso
gli scienziati sono al lavoro per cercare di capire perché gli inverni
di questi due anni sono stati così caldi e "se questi eventi casuali
sono statisticamente collegati ai cambiamenti climatici globali". Il
danno potrebbe non essere però irreparabile. Secondo Mark Weber,
dell'università di Brema, "molti studi mostrano come la circolazione"
delle correnti nella stratosfera nell'emisfero nord "in futuro potrà
aumentare e, di conseguenza, molto più ozono potrà essere trasportato
dai tropici a latitudini più elevate e ridurne la perdita". Nel
frattempo, però, "nei decenni a venire continueranno ad esserci forti
perdite chimiche di ozono nel corso di inverni artici eccezionali".
Diversa
l'intepretazione dei dati dell'Omm, l'Oorganizzazione mondiale
meteorologica. La distruzione, per l'agenzia scientifica che fa capo
alle Nazioni Unite, è dovuta alla persistenza nell'atmosfera di sostanze
nocive e ad un inverno molto freddo nella stratosfera. "Se l'area priva
di ozono si muove via dal Polo verso latitudini più basse c'è da temere
una maggiore radiazione ultravioletta nel corso della prossima
stagione", avverte l'Omm. I pericoli sono legati soprattutto a maggiore
incidenza di tumori nella pelle e guasti al sistema immunitario. Le zone
più a rischio sono Canada, Russia e Alaska.
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